Fig.1: Segnale radar di un lago subglaciale.
Fig.2: Laghi subglaciali scoperti in Antartide
Fig.3: Immagine satellitare della zona del lago di Vostok.
La prima ipotesi dell'esistenza di laghi al di sotto della calotta glaciale antartica è stata formulata studiando i radioecoscandagli aerei raccolti negli anni '60 e '70 (Drewry, 1983). Negli ultimi dieci anni le caratteristiche di questi laghi subglaciali sono state studiate a fondo per mezzo di strumenti geofisici. Oggi sappiamo che al di sotto (3 km) delle calotte glaciali antartiche esistono più di 150 laghi (fig. 2 - Siegert et al. 2005). Il cosiddetto catalogo di Siegert riporta circa una ventina di laghi italiani contrassegnati dal triangolino verde. Essi si trovano a contatto con il bedrock principalmente sotto i rilevanti spessori (dome) del ghiacciaio antartico e il volume totale di acqua immagazzinata in questi laghi è compreso tra 4000 e 12000 km3 (Dowswell e Siegert, 1999). I laghi subglaciali si formano essenzialmente a causa di tre fattori: a) l’enorme pressione sotto la calotta glaciale riduce il punto di fusione del ghiaccio; b) la calotta glaciale isola il bedrock dalle basse temperature della superficie; e infine, c) la base del ghiacciaio è sede del flusso geotermico. La tecnica RES viene generalmente utilizzata per identificare i laghi subglaciali, ma un segnale forte da solo non è sufficiente. La forte riflessione radar dalla base della calotta glaciale potrebbe essere attribuita sia a sedimenti basali saturi d'acqua che a laghi subglaciali. L'identificazione del lago è possibile se si verificano altre condizioni. È necessaria l'identificazione di riflettori piatti, orizzontali con intensità dell'eco quasi costante circondati generalmente da profili di sponda (fig. 1).
Inoltre l'intensità del segnale riflesso dalle interfacce ghiaccio-acqua e ghiaccio-roccia deve differire di oltre 10 dB Circa l'81% dei laghi rilevati (a destra della figura) a causa della differenre permittività elettrica tra ghiaccio e roccia. Essi si trovano a profondità che vanno da poche centinaia di metri inferiori rispetto al livello del mare a qualche centinaio di metri al di sopra di esso. Infatti mediamente il bedrock continentale e collocato in questo range.
Il più grande e meglio documentato tra i laghi subglaciali è senza dubbio il lago Vostok (vedi mappa). Il lago Vostok è stato identificato nel 1996 da scienziati russi e britannici (Kapitsa et al., 1996) che hanno integrato il rilevamento dei dati provenienti dal radar, da misure sismiche e dalle osservazioni satellitari (a sinistra nella figura).
L'estensione orizzontale del lago è stimata dalla superficie piana (0,01 gradi) osservata nell'altimetria della superficie del ghiaccio ERS-1 (fig. 3). La calotta glaciale spessa 4 chilometri galleggia sul lago, proprio come le calotte glaciali diventano piattaforme di ghiaccio galleggianti. Il lago Vostok è lungo circa 230 km e ha un'area di circa 10000 km2, simile a quella del lago Ontario. Una profondità massima dell'acqua di 510 m è stata misurata utilizzando metodi sismici e la profondità media dell'acqua è di circa 200 m. Il volume stimato del lago Vostok è di circa 2000 km3. Gli altri laghi subglaciali conosciuti sono di uno o due ordini di grandezza più piccoli di questo. Recentemente, osservazioni scientifiche indicano l'esistenza di una rete idrologica subglaciale in cui l'acqua liquida può scorrere e può essere immagazzinata nei bacini subglaciali da reti idriche che li mettono anche in contatto. Recentemente sono stati proposti alcuni studi peculiari sull'ampiezza dei segnali radar ricevuti dall'interfaccia ghiaccio-fondo roccioso per discriminare condizioni rocciose umide o secche. Alcuni risultati interessanti emersi da questi studi e mappe delle interfacce secco/umido sono stati proposti da diversi autori contribuendo a migliorare la conoscenza dell'esistenza della circolazione dell'acqua sotto chilometri di ghiaccio (Jacobel 2009).